Praticare il brain marketing, osservando la mente del consumatore, semplifica la vita. Le sinapsi generano emozioni in pensieri e i pensieri in azioni.
Concepito nel 2002 dal ricercatore olandese Ale Smidts, il brain marketing si interessa dell’analisi del comportamento dei consumatori attraverso il metodo scientifico delle neuroscienze. Questa disciplina si fonde con diverse materie per esaminare le reazioni del cervello di un consumatore di fronte a stimoli legati a prodotti, marche o pubblicità. In particolare, il brain marketing si focalizza sul coinvolgimento del sistema nervoso centrale e sulle aree cerebrali attive durante il processo decisionale.
Il marketing tradizionale, insieme a discipline come la psicologia e le neuroscienze, offre una comprensione completa del consumatore, integrando il lato razionale con quello emotivo. Questa combinazione permette di analizzare l’impatto di prodotti, brand e messaggi pubblicitari sul cervello, identificando i processi cerebrali che influenzano il comportamento d’acquisto. Tecnologie come l’eye tracking, che segue il movimento degli occhi, sono utilizzate per individuare i punti di maggiore interesse su schermi digitali. È importante notare che metodologie come l’eye tracking, le risonanze e gli elettroencefalogrammi non sostituiscono le consuete ricerche di mercato, le survey e i focus group. Al contrario, le arricchiscono, offrendo un approccio più completo e dettagliato.
La visione di complementarietà e lo studio di queste materie e tecniche, permette al marketer moderno di catapultarsi e di vestire i panni del neuroscienziato. I professionisti applicano le avanzate procedure del neuromarketing in vari settori, offrendo ampi spunti e potenzialità. Partono dalla comunicazione, attraversano le strategie di marketing e le tecniche di vendita, per poi approdare al marketing sensoriale.
Ma che cos’è il marketing sensoriale?
Il branding sensoriale è una forma di marketing che sfrutta uno o tutti i cinque sensi per plasmare la percezione e le emozioni legate ai brand nei consumatori. Questi ultimi, infatti, non sono sempre razionali e guidati solo da benefici individuali, ma spesso i loro comportamenti sono influenzati da impulsi emotivi inconsci.
Studi dimostrano che ben il 90% delle scelte d’acquisto è guidato da una componente inconscia o subconscia. In questa sfera, il consumatore incorpora la natura istintivo-emozionale attraverso ricordi, sensazioni e profumi che richiamano l’io, spingendolo all’acquisto del prodotto. Tutto ciò ha un fine prettamente strategico, serve non soltanto per l’acquisto ma per fidelizzare il cliente- consumatore.
Spot, cartelloni pubblicitari, riviste, siti web, social network, blog e brand persistono nella memoria, collegando nuovi ricordi a esperienze passate. Questo processo evoca sensazioni che spingono all’aumento degli acquisti verso quel particolare brand, anche se non strettamente necessario.
Si può porre un freno, a questo mercato nascente?
L’eccessivo utilizzo di queste tecniche, che eleva il marketer quasi a uno neuroscienziato, potrebbe essere un’esagerazione dettata dall’avanzare delle tecnologie, una sorta di super-evoluzione che influisce sul mercato e sulla prospettiva analitica complessiva.
Le immagini del cervello, le risonanze e altre analisi della mente forniscono una vasta quantità di dati di alta qualità, ma la loro interpretazione non progredisce allo stesso passo.
Questa giovane scienza emergente del brain marketing evidenzia limiti significativi, collegati all’incompleta (non) comprensione del cervello umano. Come ogni scienza emergente, può essere uno strumento per il bene o il male comune, a seconda di come viene utilizzata. Sarà sicuramente un elemento chiave da considerare per un’analisi di mercato accurata nel prossimo futuro.